Le conseguenze economiche dei cambiamenti climatici

47 gradi nelle zone interne della Sicilia, della Puglia e delle Calabria, una vampata di calore che da inizio luglio non dà tregua… Questo caldo è davvero fuori dalla norma, ma quali conseguenze avrà nel medio lungo periodo?
Se sul cambiamento climatico si può disquisire a piacimento, tanto che alcuni si azzardano a negarne l’evidenza, ben diverso il discorso quando parliamo degli effetti a breve e lungo termine sulla vita di ognuno e sull’economia.
Continuando di questo passo entro fine secolo l’Italia potrebbe perdere il 7% del Pil pro capite, gli Stati Uniti il 10,5%, a causa dell’impatto dei mutamenti climatici. D’altro canto, se dovessimo riuscire a portare avanti le politiche proposte con l’Accordo di Parigi, che mira a mantenere l’aumento medio della temperatura globale entro i due gradi centigradi allora le perdite si ridurrebbero all’1,07% del Pil pro capite medio globale al 2100. Questo sul lungo periodo…
Gli effetti economici del cambiamento climatico nel breve periodo
Torniamo al quotidiano e vediamo cosa comporta il comportamento climatico nel breve periodo. I cicloni tropicali sono diventati più piovosi, più distruttivi e più frequenti negli ultimi 40 anni e secondo le stime, con un aumento di temperatura globale di 2°C, l’intensità globali probabilmente aumenterà tra l’1 e il 10%, mentre le precipitazioni cresceranno del 14% circa.
Cicloni, tornado, temporali eccezionali e bombe d’acqua, mareggiate, smottamenti,… si tratta di eventi disastrosi che hanno effetti devastanti per le persone e l’ambiente, ma gli effetti economici sono imprevedibili e difficili da misurare. Possiamo però leggere quali sono le perdite economiche dirette, quali danni a edifici e infrastrutture e perdite legate all’interruzione dell’attività economica.
Le perdite economiche medie sono aumentate negli ultimi decenni in gran parte dei Paesi del mondo. Il danno medio causato dalle alluvioni negli Usa, ad esempio, è passato da 360 milioni di dollari negli anni ’80 agli 1,2 miliardi nei primi anni 2000.
Ciò che più conta è che le perdite nel breve periodo si trascinano nel tempo. Un recente studio, che analizza l’esposizione fisica dei Paesi ai cicloni tropicali nel periodo 1950-2008, ha dimostrato che il calo del reddito rispetto ai trend pre-disastro non è stato recuperato nel 20 anni successivi. L’analisi sembra sostenere che una deviazione standard in un anno di esposizione al ciclone abbassa il Pil di 3,6 punti percentuali a 20 anni di distanza, riportando un Paese medio indietro di quasi due anni di crescita.
Gli effetti economici del cambiamento climatico nel lungo periodo
Cosa ci dobbiamo aspettare in futuro? I cambiamenti climatici possono avere un impatto significativo anche sul sistema sociale ed economico a livello locale e globale. Vediamo alcuni punti fondamentali.
- Fenomeni estremi aggraveranno crisi economiche già in atto, non ultima quella causata dalla pandemia, più della crisi del 2008, minando la stabilità dei sistemi economici, sociali e politici
- Il cambiamento climatico farà peggiorare elementi di criticità in termini di giustizia sociale e internazionale. I paesi più poveri e gli strati più fragili di popolazione soffriranno maggiormente per un acuirsi delle condizioni della disuguaglianze di classe, etnia e genere, amplificando i divari esistenti e creandone di nuovi.
- Nel 2100 il fallimento delle politiche ambientali potrebbe causare una riduzione del 23% (questa la previsione più ottimistica) della produzione economica mondiale e non solo nei paesi più poveri. A sostenerlo sono tre economisti americani dell’Università di Berkeley, Solomon Hsiang, Marshall Burke e Edward Miguel, che hanno consegnato alla rivista Nature le loro stime sugli effetti della temperatura sulle attività economiche. Il clima del futuro prossimo con l’aumento della temperatura globale metterà in crisi anche le società più ricche.
- Secondo la Banca Mondiale i cambiamenti climatici potrebbero essere il più grande ostacolo alla conquista dell’ambizioso obiettivo fissato dalle Nazioni Unite con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili (Sustainable Devolopment Goals, SDGs), ossia eliminare dal mondo la povertà e la fame entro il 2030. Le previsioni contenute in un documento recente parlano di 100 milioni di poveri in più: la siccità metterà in crisi i coltivatori, il prezzo del cibo subirà periodiche impennate dopo ogni evento metereologico estremo e le malattie aumenteranno durante le ondate di calore e le alluvioni.
- Nel 2030 il 56% della popolazione mondiale verrà messo in difficoltà dall’aumento dei costi degli alimenti, nel 2080 gli svantaggiati saranno il 73%. In Africa i prezzi cresceranno del 12% nel 2030 e del 70% entro il 2080.
- Nel 2030 si avrà una perdita sul raccolto del 5% che diventerà del 30% nel 2080. In Italia l’innalzamento delle temperature medie e massime sommato agli squilibri meteorologici influenzeranno la geografia delle culture e delle tecniche agricole, causando inoltre l’abbandono di crescenti porzioni di territorio, divenute oramai incoltivabili a causa della canicola o della siccità. Sulla base delle proiezioni di Coldiretti l’agricoltura italiana avrebbe già perso nell’ultimo decennio 14 miliardi di euro a causa dei danni dovuti ai fenomeni metereologici, cifra che potrebbe salire a 30 miliardi di euro entro il 2030.
- Con un innalzamento di 3 gradi centigradi delle temperature a livello globale, i Paesi in via di sviluppo affronteranno nel 2050 una spesa di 270 miliardi di dollari all’anno in più per adattarsi al cambiamento.
- Con un aumento di 3 gradi centigradi, i danni economici per i Paesi via di sviluppo potrebbero ammontare entro il 2050 a 1.700 miliardi all’anno, 600 miliardi di dollari in più rispetto a quanto ipotizzato per un aumento al di sotto dei 2 gradi centigradi.
- Le ondate di calore e i fenomeni intensi inizieranno ad incidere sul tasso di mortalità e di morbilità generali e di conseguenza sulla produttività del lavoro. Incrociando diverse proiezioni l’impatto negativo è stimabile tra i 10 e i 20 miliardi di euro entro il 2030.
- il cambiamento climatico imporrà crescenti costi dell’energia. Entro il 2030 avrà bisogno del 30% in meno di energia per il riscaldamento, ma del 72% in più per la climatizzazione. L’Italia produce una notevole quantità di energia elettrica tramite impianti idroelettrici. La carenza di precipitazioni ha già ridotto l’output delle centrali e il calo proseguirà nei prossimi anni.
Complessivamente si prevede che nel prossimo decennio le conseguenze del cambiamento climatico costeranno anche all’economia italiana diverse decine di miliardi di euro.
Riuscire a mitigare questi contraccolpi è una priorità strategica per l’economia mondiale.
Cosa si può fare per mitigare le conseguenze economiche del cambiamento climatico? Dalle politiche ambientali agli investimenti
Gernot Wagner economista classe 1980 che insegna alla New York University e che nel 2015 ha scritto il libro “Climate shock” è intervenuto al Festival dell’Economia di Trento dichiarando senza mezzi termini che non bastano le buone intenzioni e le azioni dei singoli, servono delle politiche più ambiziose sul clima, perché ne va della vita di tutti gli uomini e le donne del pianeta.
“Le politiche ambientali che vengono attuate oggi non fanno alcuna differenza sulle temperature che ci saranno la prossima settimana, ma vedremo i loro benefici nei prossimi anni. In questo modo è difficile vedere quanto il nostro comportamento influenzi il clima. (…) Il costo sociale dell’anidride carbonica, cioè quelli che sono i costi che ogni tonnellata di Co2 causa nel corso della sua vita, non è ancora chiaro. (…) Una Carbon tax non basta a risolvere tutti i problemi. Non possiamo pensare che basti pagare una tassa per ogni emissione, perché questo non porta a raggiungere il risultato a cui auspichiamo”.
Il lockdown ci ha dimostrato che le emissioni, in un momento di immobilità mondiale, le emissioni si sono ridotte solamente del 17%. “Questo ha dimostrato come le azioni delle singole persone non siano sufficienti, ma che sono necessari maggiori investimenti per ridurre le emissioni”.
Le aziende e i singoli investitori come possono agire?
Le strategie d’investimento sostenibile e responsabile (o SRI) sono una delle strategie che ognuno di noi può adottare per contrastare nel suo piccolo il cambiamento climatico. Gli investitori SRI possono escludere dal loro portafoglio di investimenti titoli, aziende o interi settori legati ad attività con elevate emissioni di CO2.
Il denaro potrà così essere investito in settori che contribuiscono a contrastare gli effetti negativi del cambiamento climatico. Sarà quindi possibile fare investimenti in imprese, organizzazioni e fondi realizzati con l’intenzione di generare un impatto socio-ambientale positivo e misurabile, assieme a un ritorno finanziario attraverso:
- investimenti tematici (energie rinnovabili o aziende legate all’economia circolare)
- strategie di best in class, privilegiando gli emittenti meglio posizionati su temi ambientali, che hanno ad esempio piani di sviluppo per migliorare o azzerare la propria carbon footprint.
- Scelte d’investimento in base all’adesione a norme e trattati internazionali che disciplinano temi connessi al cambiamento climatico.
Gli investitori SRI hanno un diretto potere di influenza sulle strategie di business delle aziende, esercitato in modi diversi (risposte a questionari, call di confronto, diritto di voto in assemblea dei soci,…)
Approfondimento Oro e fondi etici, come inserirli in un portafoglio di investimento |
Investire in oro fisico in modo responsabile
È chiaro che di fronte ad uno scenario a dir poco fosco investire una parte del capitale in oro fisico è una delle poche strategie che garantisce una certa tranquillità.
Il consiglio resta sempre valido: il portafoglio perfetto non esiste, ma il portafoglio ben differenziato ci va molto vicino.
Quanto oro?
Puoi investire piccole cifre mensili in un Piano di Accumulo in ORO fisico o puoi decidere di acquistare una quantità maggiore di lingotti d’oro, ma ciò che è emerso da tutti gli studi è che non è utile, e neppure remunerativo, investire tutto o la maggior parte del proprio capitale in oro fisico. È anzi possibile che il tuo patrimonio subisca maggiormente le fisiologiche fluttuazioni del prezzo dell’oro.
Quale oro?
Se ci battiamo affinché i nostri investimenti siano parte del cambiamento (non climatico) non abbiamo scelta: è necessario puntare all’oro etico.
Con oro etico si intende una tipologia di oro che viene estratta e lavorata in armonia con l’ecosistema circostante e in collaborazione con le comunità coinvolte. Anche Orovilla ha fatto questa scelta diversi anni fa, quando a molti poteva sembrare rischiosa sul breve periodo, ma che invece ci ha permesso di lavorare con etica, mantenendo un’estrema chiarezza con i nostri clienti e consulenti. Abbiamo fatto la scelta giusta.
Orovilla è infatti fin dal 2012 membro RJC, Responsible Jewellery Council, un’organizzazione no profit che certifica più di 850 compagnie della filiera produttiva dell’oro nel processo dall’estrazione alla vendita al dettaglio.
Un portafoglio etico e coerente non può che dare benefici, ai tuoi rendimenti, al tuo futuro e a quello dei tuoi figli su questo pianeta.
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