Cina a sostegno dell’oro contro il dollaro?

Quando alla fine del 2022 il WGC ha diffuso i dati sull’acquisto di oro da parte delle banche centrali sono stati sollevati moltissimi dubbi. Circa 400 tonnellate di oro sono state acquistate da acquirenti anonimi nella seconda parte dell’anno e solo un quarto delle transazioni erano state riportate pubblicamente. Gli occhi di tutti hanno subito puntato su Cina e Russia. Oggi sappiamo che la Cina ha fatto la parte del leone. Ma perché e quali conseguenze potrebbe avere?
Perché la Cina sta comprando oro?
Che le riserve ufficiali cinesi (circa 2010 tonnellate) siano pesantemente sottostimate è cosa nota, visto che la Cina è uno dei maggiori produttori di oro al mondo e ne esporta molto poco. Ma a novembre ha acquistato altre 32 tonnellate, seguite da altre 30 tonnellate a dicembre.
Approfondimento Oro fisico: le banche acquistano ingenti quantità |
Da molto tempo si parla di una Cina che si sta preparando alla dedollarizzazione e i rapporti tesi degli ultimi giorni non fanno che confermare una situazione molto delicata.
I lingotti d’oro sono la migliore forma di diversificazione delle riserve cinesi, che al momento sono costituite principalmente da dollari. L’oro può essere facilmente convertito in valuta e contribuisce a mantenere stabile l’economia in caso di rallentamento delle attività, come accaduto con la pandemia.
Non solo la banca centrale: l’acquisto di oro delle famiglie cinesi quanto è importante?
Le famiglie cinesi sono però acquirenti ben più importanti di oro: hanno acquistato più di 2000 tonnellate d’oro negli ultimi 2 anni e mezzo e una quantità 5 volte superiore a quella dichiarata dalla banca centrale cinese nell’ultimo decennio, arrivando a sfiorare lo 0,33% del PIL, il doppio rispetto ai tedeschi, i più accaniti tifosi del metallo giallo del mondo occidentale.
Va considerato che i risparmiatori cinesi sono molto accorti: si calcola che le famiglie risparmino fino al 23% del proprio reddito (la media mondiale è del 10%) per avere una rete di sicurezza che supplisca le debolezze dei sistemi socio-sanitari e assistenziali. Hanno quindi necessità di investire i risparmi in beni rifugio più che in qualunque altro paese.
Questo aspetto viene troppo spesso sottovalutato, ma va tenuto conto di ciò che accadde dopo la crisi economica del 2008, quando il Partito Comunista esortò la popolazione a comprare oro, sempre nell’ottica di dedollarizzazione: i prezzi del metallo crollarono drasticamente. Per molti mesi le vendite di oro dei gestori degli investimenti non trovarono un mercato ad oriente e le quotazioni scesero fino ai 1000 dollari l’oncia, in uno dei crolli più clamorosi dell’oro. Successivamente la domanda di oro da parte dei consumatori cinesi è tornata ad essere molto robusta e nel lungo periodo la domanda cinese ha sempre fornito un solido sostegno alle quotazioni.
La Cina ha il potere di influenzare le quotazioni dell’oro?
Non è detto. Come sappiamo le variabili sono moltissime, ma sicuramente gli acquisti della banca centrale e dei risparmiatori possono rivelarsi un supporto. La domanda globale degli investitori cinesi è già tornata ai livelli pre-Covid nonostante i prezzi molto più alti del metallo, e non accenna a voler interrompere questo trend.
Forse gli acquisti di oro da parte della Cina non sono stati determinanti per i prezzi dell’oro, quanto la diminuzione degli aumenti dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve statunitense (FED) o i rischi di recessione e stagflazione, senza dimenticare che l’andamento della guerra Russia-Ucraina sarà comunque determinante per le sorti di un bene rifugio come l’oro, ma sicuramente hanno avuto un ruolo che è bene tenere a mente.
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