Storia delle monete romane

Il sistema monetario romano ha una storia lunga e complessa.

All'inizio, nei primi tempi della repubblica romana, fu stabilita come unità fondamentale, con il duplice scopo di servire da misura di peso e di lunghezza, l'as, che in latino significa, letteralmente, «unità». Un as era diviso in 12 unciae e, come unità di peso, consisteva in un pezzo di metallo di una libbra (o libra) italica, una lega di rame, stagno e piombo, del peso di 273 grammi.

La prima moneta d’argento coniata dalla zecca, nel III sec. a.C., fu chiamata “quadrigato”, per la presenza di Giove su una quadriga guidata dalla Vittoria, mentre sull’altro lato era rappresentata una testa bifronte laureata. 

La moneta che divenne la base dell’economia romana fu il “denario” (letteralmente un «pezzo da dieci») perché valeva dieci assi di bronzo e pesava poco più di 4 grammi d’argento. Queste prime monete raffiguravano da un lato la testa di Roma con un elmo alato e dall’altro i Dioscuri a cavallo con la scritta ROMA.

Naturalmente vennero coniate anche monete di minor valore: il “quinario” (equivalente a cinque assi) ed il “sesterzio” (due assi e mezzo). Fino al III sec. d.C. la moneta più diffusa nel mondo romano fu proprio il sesterzio (prima in argento poi in oricalco), divenuto oramai per antonomasia “la moneta romana”, il cui valore era abbastanza basso da non aver bisogno di sottomultipli, ma anche abbastanza elevato da rivelarsi comodo negli scambi di tutti i giorni.

Le emissioni auree furono assai rare durante la Repubblica: i primi “aurei” del sistema monetario romano si ebbero con Silla nell’87 a.C. ed avevano un peso 9,11 g.

La coniazione di monete in oro con una certa continuità si ebbe solo dopo la conquista della Gallia da parte di Cesare per la disponibilità di oro proveniente dalle miniere presenti in quei territori.

Una delle principali riforme intraprese da Cesare fu la stabilizzazione monetaria che portò, nel 15 a.C., le monete d’argento ad avere un rapporto fisso con quelle d’oro: 25 denarii equivalevano a un aureus d'oro. E la coniazione delle monete, d’oro e d’argento, passò da quel momento sotto il controllo diretto dell’imperatore che da allora vide impressa la sua effige sul dritto della moneta mentre sul rovescio si rappresentavano scene di trionfi oppure divinità.

Nel 48 a.C. il peso dell'aureo venne fissato dapprima a 8,55 g e poi a 8,02 g, questo valore si mantenne stabile per tutto il periodo delle guerre civili, fino al principato d'Augusto.

 

Poi la produzione di monete d’oro diminuì drasticamente nella parte finale del II secolo, dopo il regno di Marco Aurelio.

Si ebbero poi nel tempo (sotto Nerone, Domiziano, Traiano e Caracalla) altre riforme che spesso lasciavano invariato il valore nominale delle monete, ma ne riducevano quello reale abbassandone il contenuto d’oro o d’argento. Il sistema monetario subì un’altra riforma con Aureliano, tra il 272 ed il 275, il quale provvide anche alla riorganizzazione delle tante zecche situate nelle varie province dell’impero: fu così che si iniziò a riportare sulle monete anche l’indicazione della zecca di provenienza.

Quella di Costantino, nel 310, fu l’ultima riforma (durò fino alla fine dell’Impero Romano d’Occidente): come moneta d’oro venne introdotto il “solido”, con un peso di 4,54 g, mentre come moneta d’argento la “siliqua”, di 2,27 g.

Per quanto riguarda invece l’Impero Romano d’Oriente, nel 498 d.C. si ebbe la riforma monetaria dell’imperatore Anastasio, basata su multipli del “nummus”, una moneta di bronzo del peso di 3 g, e del “solido” per le monete in oro.

Dopo la fine dell’impero la zecca di Roma fu gestita dal Papato che proseguì la coniazione seguendo prima il sistema monetario bizantino ed in seguito quello carolingio, ovvero il sistema monetario istituito da Carlo Magno.

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