Le Perle
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Un tempo venivano indossate dalle signore di una certa età e solo in occasioni importanti, ma oggi sono esibite anche da giovani donne ed in contesti meno formali. Ed il motivo è semplice: non sono forse belle? Si, le perle, sono senza dubbio belle, eleganti, fascinose.
Ma vediamo come arrivano ad adornare il collo di una signora. Intanto diciamo subito che sia le perle naturali che quelle coltivate sono prodotte dalle ostriche, solo che le prime nascono per caso mentre le altre vedono l’intervento dell’uomo, il meccanismo però è il medesimo: un corpo estraneo penetra nella valva e l’ostrica si difende circondandolo con strati di perlagione.
La perla è sempre stata considerata preziosa fin dall’antichità (a Roma era proibito indossarle a chi non ne fosse stato ritenuto degno!), la sua rarità la rendeva appannaggio dei sovrani, fino a quando, nel 1893, il giapponese Mikimoto riuscì ad ottenere le prime perle coltivate rendendole così accessibili a tutti.
Le perle coltivate si identificano con i nomi di: «Akoya», quelle coltivate prevalentemente in Giappone, e «South Sea», conosciute anche come «Australiane» se bianche e «Tahiti» se nere. In Cina da qualche decennio le perle si coltivano anche in acqua dolce, in queste non viene introdotto il nucleo di coltura, il prodotto finale sarà quindi costituito quasi esclusivamente da perlagione, nonostante ciò, queste perle sono considerate meno pregiate.
E infine ci sono le imitazioni, cioè le perle fabbricate artificialmente che utilizzano materiale vetroso, plastica ed anche squame di pesce polverizzate, prodotte con tale maestria che non sempre sono facili da riconoscere.
Per la valutazione delle perle valgono alcuni criteri:
- lo strato di perlagione
- la mancanza di irregolarità
- l’omogeneità del colore
- la lucentezza o, come viene definita tecnicamente, l’«oriente» - il diametro (le perle Akoya, più preziose, vengono vendute in grammi, quelle australiane in carati: 5 carati equivalgono ad 1 grammo). La classificazione che ne consegue si basa sul sistema GIA (Gemological Institute of America) che va da «AAA» ad «A», oppure sul cosiddetto «Sistema di Tahiti» che va da «A», il grado più alto, a «D».
È invalso l’uso di dare un nome alle collane in base alla loro lunghezza, ecco allora che possiamo avere:
- girocollo (35 cm circa), può essere composta anche da più fili, indicata per un abito elegante che lascia scoperte le spalle
- principessa (45 cm circa), una lunghezza classica che può essere portata anche sopra un maglione
- matinèe (55 cm circa), classica con un tailleur - opéra (65 cm circa), sia per un abbigliamento formale che per quello casual
- chanel (110 cm circa), così chiamata perché era la misura preferita da Coco Chanel, data la sua lunghezza può anche essere girata due volte attorno al collo, ma il suo fascino è espresso appieno dal filo unico.
Poi naturalmente le mode cambiano e quindi, adesso, ad esempio, si preferiscono le collane con perle tutte di uguali dimensioni al posto del filo a scalare. Ma voi sceglietela come più vi piace, l’importante che non facciate come Cleopatra che, per stupire Marco Antonio, durante un banchetto sciolse una perla di inestimabile valore nell’aceto che poi bevve.
Due righe anche per dire che le perle devono essere conservate in sacchetti di cotone e mai tenuti in un ambiente chiuso perché contengono acqua, seppur in una piccolissima percentuale, che altrimenti tenderebbe ad evaporare togliendo brillantezza alla perla, ma la soluzione migliore rimane sempre quella di indossarle.
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