Crollo delle criptovalute: da FTX a Bitcoin, ecco perchè non sono mai state l'oro digitale

Sotto le macerie di FTX giacciono i sogni delle criptovalute di imporsi sul mercato come valute alternative in un sistema libero? Oppure assorbiranno il colpo e rinasceranno dalle ceneri di FTX, la cripto legata ad una delle truffe più colossali, nonché prova, a detta di molti, della fallacia del sistema senza controllo delle valute digitali?

Caso FTX e crisi delle critpovalute: cosa sta succedendo

È bastata una settimana e tutto è crollato. Si è trattato probabilmente di una frode di livelli colossali, ma il buco da 17 miliardi di dollari che si è creato ha lasciato più di un milione di persone senza il denaro che avevano investito: il crollo di FTX di Sam Bankman-Fried rischia di trasformarsi nel più disastroso tsunami del mondo cripto, con collassi a cascata in un settore che è stato costruito sulla sabbia.

La storia di FTX è tanto tragica quanto breve. FTX era il quarto mercato Exchange in termini di valutazione economica al mondo, considerata fino a qualche settimana fa una delle più stabili piattaforme. Fondata nel 2019, nel 2021 ha trasferito la propria sede alle Bahamas, per ovvi motivi di mancanza di controllo da parte delle autorità locali.

Nel 2022 ha investito molto in nuovi servizi, anche nel mercato del gaming (FTX Adventures), raccogliendo miliardi di dollari. FTX Adventures alimentava operazioni finanziarie attraverso la cessione di liquidità a società investite dai tracolli delle criptovalute e dai casi Luna e 3AC.

Questo fondo di fatto alimentava una società collegata, la Alameda Research, contenitore delle operazioni più rischiose, che stava già risentendo della crisi delle criptovalute. Secondo le indagini FTX avrebbe cercato di salvare questa società cedendo interi asset finanziari e nascondendo tali operazioni ai propri clienti.

Nel momento in cui è scoppiato il caso di Alameda Research, Binance, il più grande mercato exchange, ha deciso di vendere la sua partecipazione in FTX per 2,1 miliardi di dollari. A cascata, anche gli altri investitori si sono ritirati creando il collasso di liquidità e il fallimento dichiarato dal tribunale fallimentare statunitense. La situazione finanziaria si è presto rivelata disastrosa nelle prime verifiche del curatore fallimentare. In un sistema opaco i soldi sono scomparsi senza lasciare traccia. Il castello di carte doveva essere “garantito” da una criptovaluta di creazione dello stesso Bankman-Fried, sostenuto da diversi vip e dalle donazioni del partito democratico, il tutto condito dalla solita vuota retorica filantropica.

Altro che filantropia! Secondo Forbes questo fallimento presenta passività comprese tra i 10 e i 50 miliardi di dollari.

Naturalmente la tempesta ha travolto tutte le criptovalute, che già avevano visto fallire diverse piattaforme nell’ultimo periodo e non godono di buona salute. Grayscale Bitcoin Trust, il più grande fondo di cripto al mondo, che controlla il 3,5% dei Bitcoin esistenti, ha visto il suo valore crollare a minimi. Bitcoin stesso ha perso oltre l’80% del suo valore in un anno. Genesis Trading, intermediario che ha concesso prestiti per 50 miliardi di dollari per investimenti nel settore, subodorando la crisi, ha chiuso i riscatti.

Può ritenersi, quello delle criptovalute, un disastro annunciato? Non è detto. Certo è che in un mondo senza controllo, in cui ognuno può, in teoria, creare la propria criptovaluta, è impossibile attendersi stabilità e sicurezza. Il tracollo è dietro l’angolo. Il valore di mercato delle criptovalute nel complesso infatti è crollato di oltre il 70% nell’ultimo anno, da 2.800 a meno di 800 miliardi di dollari. Chi credeva che gli choc di questi ultimi 3 anni, dalla pandemia alla guerra, avrebbero riportato in auge un sistema finanziario decorrelato, libero, non controllato, democratico, ha avuto un drammatico risveglio.

Crisi delle criptovalute: perché non sono più (e non lo sono mai state) l’oro digitale

Abbiamo sempre sostenuto con forza il fatto che le criptovalulte, il Bitcoin in particolare che è sempre stato considerato il re delle cripto, non potessero in alcun modo essere paragonabili all’oro, men che meno definite ‘oro digitale’. Le differenze le abbiamo spesso rilevate e sottolineate e i fatti degli ultimi mesi non fanno che confermare la nostra posizione.

Semplicemente l’oro non può fallire, per dirne una. E non può mai valere zero, neppure può perdere l’80% del proprio valore nell’arco di pochi mesi. Eppure per anni i sostenitori del Bitcoin come bene rifugio e forma di tutela del valore, hanno paragonato i due asset come se fossero la stessa cosa, ma in formato diverso, fisico e digitale.

Come abbiamo visto non c’è nulla di più sbagliato. L’oro è un bene fisico, tangibile, considerato asset a rischio zero. Le criptovalute sono un codice immateriale, creato da persone e aziende, che possono fallire, truffare, utilizzare i soldi degli investitori in modo incauto e pericoloso, come nel caso di FTX.

Nel giro di pochissimo tempo le criptovalute sono diventate patate bollenti nei portafogli dei risparmiatori e la BCE ha tentato di dare il colpo di grazia, dichiarando in un articolo del blog della banca centrale firmato da Ulrich Bindseil e Jürgen Schaaf (il primo direttore generale della divisione Infrastruttura di mercato e pagamenti della Bce, il secondo un advisor della stessa), che il Bitcoin “va verso l’irrilevanza”. Si tratta di una demolizione sistematica del Bitcoin, mentre quasi ogni giorno fallisce una società del settore cripto. 

Su quali basi sono state fatte queste dichiarazioni è presto detto:

  • Il Bitcoin non è ad oggi un mezzo di pagamento utilizzato in maniera sistematica nel mondo reale, perché ha carenze di design e concettuali che non lo rendono sicuro o pratico da utilizzare
  • Il Bitcoin non è una forma di investimento perché non genera flussi di cassa (come gli immobili) o dividendi (come le azioni), non può essere utilizzato in modo produttivo (come le materie prime) o fornire benefici sociali (come l'oro).
  • Il Bitcoin è pura speculazione che si basa su flussi costanti di nuovi investitori e la cui quotazione è legata unicamente dalle dinamiche di domanda e offerta, il che lo rende altamente volatile.
  • Il Bitcoin non può essere regolamentato in modo efficace, per volontà e per necessità. L’UE resta, a differenza degli Stati Uniti, fortemente critica verso il mondo cripto. Da una parte non si vede ad oggi, secondo gli autori dell’articolo, un reale valore aggiunto del prodotto, dall’altra «la presunta sanzione della regolamentazione ha anche indotto il settore finanziario convenzionale a rendere più facile per i clienti l'accesso al bitcoin. Ciò riguarda gestori patrimoniali e prestatori di servizi di pagamento, nonché assicuratori e banche. L'ingresso di istituzioni finanziarie suggerisce ai piccoli investitori che gli investimenti in bitcoin siano solidi».

Nessuno può prevedere il futuro. Se il vento cambiasse il Bitcoin potrebbe riprendere quota e tornare a guadagnare valore, anche se la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che questa sia una prospettiva molto improbabile nei prossimi anni. Resta il fatto che basta guardarsi indietro per dedurre due cose importante:

  1. l’oro è un bene rifugio, fisico e tangibile, da più di 5000 anni e dalla fine degli accordi di Bretton-Woods ha sempre visto aumentare il suo valore, passando dai circa 20$ dell’inizio del secolo scorso ai circa 1.800$/oz; negli ultimi 15 anni ha guadagnato in media il 9% annuo, confermando il suo ruolo di preservazione del valore.
  2. Il Bitcoin è stato creato nel 2009, non esiste fisicamente, ma solo come codice alfanumerico. Negli anni ha visto incredibili (e speculativi) aumenti del proprio valore, ma dopo 13 anni vede una perdita di più dell’80% del proprio valore, cosa che non può accadere con l’oro.

Investire in Bitcoin può essere (o è stato?) estremamente pericoloso, ma anche molto redditizio, se si è in grado di valutare il rischio. Ma non paragoniamolo all’oro. Usiamo invece l’oro come forma di diversificazione del portafoglio di investimento per tutelarci da investimenti più rischiosi.

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