L'oro degli Inca: Eldorado resta ancora un mistero

“[Mio padre, Huayna Capac] ci ha ordinato, nel suo capezzale, di servire e onorare gli uomini barbuti, come voi stessi, che sarebbero giunti nella nostra terra dopo la sua dipartita […] e ci ha detto che le loro leggi, i loro costumi, la loro scienza e il loro coraggio sarebbero stati più grandi dei nostri. Questo è il motivo per cui vi chiamiamo Viracochas, con ciò intendendo che siete i messaggeri del grande dio Viracocha” (dai “Commentari Reali” di Garcilaso Inca de la Vega).
Quando Francisco Pizzarro sbarcò in Perù, gli spagnoli vennero dunque creduti gli inviati del dio dato che gli Inca aspettavano il ritorno degli uomini bianchi barbuti; solo così si può spiegare perché non opposero resistenza ai conquistadores e perché pochi uomini ebbero la meglio su migliaia.
La storia del tesoro degli Inca e del mitico paese di Eldorado
Pizzarro aveva deciso di adottare la stessa tattica utilizzata in Messico da Hernan Cortes, il quale era riuscito a depredare i tesori degli aztechi catturando l’imperatore Montezuma. Puntò dunque subito sulla capitale del regno giungendo a Cajamarca il 15 novembre del 1532.
Fu un massacro. Atahualpa, catturato, venne accusato di crimini assurdi tra i quali l’idolatria ed il tentativo di rivolta contro gli spagnoli e venne condannato a morte.
Per tentare di aver salva la vita, Atahualpa disse che avrebbe fatto riempire di metalli preziosi la stanza, di circa ottanta metri cubi, in cui era imprigionato. La “sala del riscatto” (El Cuarto del Rescate) è ancora oggi visitabile a Cajamarca. Gli storici ritengono che la quantità di oro ricavata sia stata di centinaia di tonnellate!
Nonostante ciò, Atahualpa, solo perché aveva accettato di convertirsi, venne prima strangolato e successivamente il corpo fu arso: era il 26 luglio del 1533.
Dopo la spartizione del bottino (a Pizzarro toccarono 2.350 marcos d'argento e 57.220 pesos d'oro), tutti i gioielli e gli oggetti appartenuti al tesoro reale furono fusi per facilitarne il trasporto, distruggendo in questo modo un patrimonio culturale e artistico di inestimabile valore. Nel 1534 giunse nel porto di Siviglia una nave il cui carico suscitò stupore in tutta Europa: circa 10 tonnellate d’oro e 70 tonnellate d’argento
La vista di tale ricchezza che proveniva dalle terre appena conquistate alimentò la leggenda che al di là dell’oceano dovesse trovarsi il Paese dell’Eldorado (definizione derivata dal fatto che una volta all’anno il sovrano di Guatavita, in Colombia, si faceva cospargere il corpo di polvere d’oro per trasformarsi nel Dorado).
Ad alimentare la leggenda fu anche la notizia, questa veritiera, che, saputo che Atahualpa era stato ucciso, una grande quantità di oro e di argento che era diretta a Cajamarca venne invece nascosta.
Da allora, archeologi, storici, avventurieri e sognatori si sono messi alla ricerca del “tesoro perduto degli Inca”. E qualcuno affermò anche di averlo trovato, ma la Cordillera delle Ande è talmente vasta ed inaccessibile che il tesoro degli Inca rimarrà probabilmente sepolto per sempre.
Gli Inca pensavano che l’oro fosse un metallo sacro inviato dal dio del sole Inti. Erano esperti nella lavorazione sia dell’oro che dell’argento, i gioielli d’oro solitamente raffiguravano tipiche figure di animali ed erano legati al culto religioso.
In ogni caso, volendo ammirare alcuni dei gioielli degli Inca, è possibile visitare la collezione del “Museo del Oro” a Lima. Sono esposti pezzi meravigliosi che esprimono tutta la capacità orafa di questo popolo.