Il diamante
Consideriamo sempre l’oro la principale fonte d’investimento perché lo riteniamo il bene rifugio per eccellenza, ma un diamante spesso esula da un contesto prettamente “pecuniario” per andare invece a rappresentare un sentimento. Vediamo allora di conoscere meglio questo “pegno d’amore”.
Si dice sempre che la valutazione di un diamante segua il criterio delle «4C» (Cut, Color, Clarity e Carat), ma, sulla certificazione che l’accompagna, troviamo altre importanti informazioni che definiscono la pietra.
Quando si acquista un diamante, che sia una pietra sciolta oppure già montata su di un anello, bisogna sempre chiedere la certificazione, oltre ad essere la garanzia di quanto si è acquistato, ci dice soprattutto cosa si è acquistato.
La certificazione però bisogna saperla anche interpretare e dunque ecco cosa, di norma, troviamo indicato:
- DESCRIPTION: natural diamond
certifica che si tratta di un diamante naturale. - SHAPE and CUT: round brilliant
il taglio è importantissimo perché è ciò che determina la brillantezza della pietra; per quanto riguarda invece la forma (brillante, a goccia, marquise ecc.), la sua scelta è solo una questione di gusto personale. - CARAT WEIGHT: 0,50
il peso di un diamante si misura in carati: un carato corrisponde a 0,20 grammi ed è suddiviso in 100 punti, in pratica una pietra da 0,50 carati si dice che ha 50 punti. - COLOR GRADE: F
La scala del colore parte dalla lettera «D» (bianco eccezionale) per arrivare a «Z» (giallo chiaro). Naturalmente più una pietra si avvicina al bianco e più è preziosa anche se, nette colorazioni verdi, rosse od azzurre risultino molto pregiate. - CLARITY GRADE: VVS1
Le inclusioni determinano il grado di purezza di un diamante. Si parte da «Internally Flawless» (IF), esente da inclusioni visibili anche al microscopio a 10 ingrandimenti, passando poi da «Very Very Slightly Included» (VVS1 e 2) e «Very Slightly Included» (VS1 e 2) con inclusioni difficilmente visibili con la lente, a «Slightly Included» (S1e 2) dove le inclusioni sono facilmente individuabili, per finire con «Included» (I1- I2 –I3) dove sono rilevabili anche a occhio nudo (a volte troviamo il termine «Piqué» e quindi P1-P2-P3). - CUT GRADE: very good
è la qualità del taglio, non tutte le pietre sono tagliate a regola d’arte («Excellent», «Very good», «Good», «Fair» e «Poor»). - POLISH: excellent
è il livello di rifinitura della superficie del diamante, minimi residui esterni non incidono sulla valutazione qualitativa della purezza (da «Excellent» a «Poor»). - SYMMETRY: very good
è la classificazione dell’uniformità complessiva del taglio di una pietra (da «Excellent» a «Poor»). - FLUORESCENCE: none
alcuni diamanti, passati sotto la luce ultravioletta, emanano dei riflessi bluastri. La scala va da «None» a «Strong» passando da «Faint» e «Medium».
Spesso troviamo riportato anche un numero di serie («Report number»), utile per trovare un riscontro presso l’istituto che lo ha emesso e che, da qualche anno, viene anche inciso a laser sulla pietra.
Diverse le società che rilasciano il «Diamond Identification Report», le più conosciute sono la IGI (International Gemological Institute), la GIA (Gemological Institute of America) e la HRD (Hoge Raad voor Diamant).
Spesso si utilizzano i termini “diamante” e “brillante” come se fossero equivalenti, ma così non è: il “diamante” è la pietra grezza, mentre “brillante”, tra i diversi tagli, è il classico a 57 faccette inventato nel 1919 da Marcel Tolkowsky.
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